Sport e arte sono strumenti importanti di inclusione e coesione sociale che, oltre a insegnare le basi del lavoro di squadra, la bellezza dello stare insieme, la necessità di rispettare le piccole regole quotidiane, promuovono una maggiore conoscenza di sé e dell’altro. Sono inoltre il migliore antidoto per vincere qualsiasi tipo di discriminazione. Sana competizione da un lato, massima creatività dall’altro, sport e arte si presentano a tutti gli effetti come due massimi alleati dell’inclusione essendo per loro natura due canali attraverso cui è possibile abbattere ogni distanza e barriera. Questa sinergia, tutt’altro che scontata, nel corso di questi mesi è al centro di un’esperienza inedita a livello nazionale e che da qualche anno, a partire dalla provincia di Treviso, si è estesa nel nord Italia. Si tratta del progetto “6Insuperabile” che, tra gli altri obiettivi, ha anche lo scopo di sensibilizzare i ragazzi delle scuole a una vera inclusione, portandoli non solo a condividere esperienze di socialità attraverso lo sport, la musica e la cultura con i ragazzi diversamente abili: “la nostra volontà – commentano gli organizzatori – è di stimolare percorsi di reale empatia, per mettere gli adolescenti nella condizione di essere loro stessi pronti a considerare la disabilità come una realtà che può arrivare nella vita di ognuno. Per fatalità, amicizia, lavoro o amore”.
Secondo il Rapporto Mondiale sulla disabilità dell‘OMS, circa il 10% della popolazione mondiale, circa 650 milioni di persone, vive con una forma di disabilità. In questo preciso e diffuso contesto, il 22 maggio 2001 è stato approvato il secondo documento dell’OMS: l‘International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF). All’elaborazione di tale classificazione hanno partecipato 192 governi che fanno parte dell’Assemblea Mondiale della Sanità, tra cui l’Italia, che ha dato un importante contributo attraverso una rete collaborativa informale denominata Disability Italian Network (DIN), costituita da 25 centri dislocati sul territorio nazionale e coordinata dall’Agenzia regionale della Sanità del Friuli Venezia Giulia. Finalità principale del DIN risulta essere la diffusione degli strumenti elaborati dall’Oms e la formazione di operatori che si occupano di inserimento lavorativo dei diversamente abili, in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche Sociali. Il concetto di disabilità esaminato e proposto dall’Oms lascia emerge non i deficit che rendono precarie le condizioni di vita delle persone, ma vuole essere un concetto inserito in un continuum multidimensionale. Ognuno di noi può trovarsi in un contesto ambientale precario e ciò può causare disabilità. È in tale ambito che l’ICF si pone come classificatore della salute, prendendo in considerazione gli aspetti sociali della disabilità: se, ad esempio, una persona ha difficoltà in ambito lavorativo, ha poca importanza se la causa del suo disagio è di natura fisica, psichica o sensoriale. Ciò che importa è intervenire sul contesto sociale costruendo reti di servizi significativi che riducano la disabilità.
È proprio qui che subentrano tutti gli ambiti collaterali che però, nella crescita e nella formazione di ogni persona, con disabilità o abili, assumono un’assoluta centralità: parliamo, appunto, dello sport e, più in generale, delle arti. Non a caso, infatti, la pratica sportiva come moltiplicatore di opportunità, il calcio come strumento privilegiato per garantire diritti e favorire l’inclusione sociale delle persone con disabilità intellettive e relazionali: sono i punti centrali del protocollo d’intesa sottoscritto tra la FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) e Special Olympics Italia, componente nazionale del movimento mondiale di sport praticato da persone con disabilità intellettiva e/o relazionale, diffuso in oltre duecento Paesi.
Ad oggi tuttavia solo l’8% delle persone disabili pratica attività sportiva, un dato certamente basso che coinvolge solo una piccola fetta della popolazione interessata. Fin da piccoli lo sport ci insegna ad affrontare i nostri limiti, a fare squadra, ad imparare dalle sconfitte e a condividere la gioia delle vittorie. È una parte fondamentale della vita, nel percorso di salute e nel conquistare nuovi ambiti di libertà e sicurezza personale.
Il modello innovativo del Veneto e le paralimpiadi invernali. A questo proposito, il Veneto è la prima regione in Italia a lanciare un progetto sulla disabilità che rende indissolubile il legame con lo sport e l’arte, in una struttura riabilitativa dove ogni barriera possa essere superata. L’edificio dell’ex alberghiero Maffioli, a Possagno ospitera l’innovativo Centro Multidisciplinare di eccellenza per la preparazione paralimpica e per l’avviamento ad Attività Rieducative motorio-sportive e artistico e culturali. “La nostra Regione per le Olimpiadi di Milano Cortina e le Paralimpiadi invernali – ha detto il Presidente Luca Zaia – si sta preparando ad ospitare migliaia di atleti pronti a contendersi un posto nel podio. Ma il 2026 sarà anche un’occasione destinata a fare cultura inclusiva oltre che sport inclusivo – che può e deve lasciare un’eredità al territorio ed alla comunità che la ospita”. Oltre ad ospitare l’allenamento dei team internazionali, In Cavanis diventerà in un Centro dove riabilitazione, sport, attività motoria adattata, educazione artistica e musicale faranno parte di un innovativo modello di presa in carico multidisciplinare dedicato alle persone con disabilità. Il progetto si attuerà con il coinvolgimento dell’Inail Nazionale, e l’accesso ai Fondi Europei e diventerà punto di riferimento nazionale.
Fonte: Health Online