Ne parliamo con Silvestro Scotti, segretario Nazionale FIMMG
Preoccupa la continua diminuzione del numero di medici di medicina generale. Secondo il Rapporto civico sulla Salute 2023, presentato al Ministero della Salute da Cittadinanzattiva, emerge che i medici di medicina generale sono passati dai 42.428 del 2019 ai 40.250 del 2021, con una diminuzione di 2.178 e la maggior parte di loro ha oltre 25 anni di anzianità di servizio. La conseguenza, si legge nel report basato su dati Agenas e della Ragioneria dello Stato, “è l’aumento del rapporto tra queste fondamentali figure professionali ed il numero degli assistiti”: ogni medico di famiglia assisteva in media 1.224 cittadini nel 2019, ma sono diventati 1.237 nel 2021.
Qual è stata la causa di questa tendenza? Quale sarà lo scenario per il futuro?
Per saperne di più, ne parliamo con Silvestro Scotti, segretario Nazionale Federazione Italiana Medici di Famiglia – Fimmg.
La Federazione Italiana Medici di Medicina Generale – FIMMG – è l’organizzazione sindacale e l’associazione professionale nazionale dei Medici di medicina generale di assistenza primaria.
Dott. Scotti, nel 2025 in Italia mancheranno 3.632 medici di medicina generale. Cosa ne pensa della fotografia scattata da Agenas?
I dati forniti da Agenas sono purtroppo realistici, anzi, fin ottimistici perché partono da due presupposti: che i medici più anziani vadano in pensione tutti a 70 anni e che ogni borsa di studio per formare i medici di famiglia si trasformi effettivamente in un nuovo ingresso nella professione. In realtà l’età media di pensionamento è più bassa di alcuni anni e non tutte le borse di studio vengono oggi utilizzate, non tutti i borsisti completano la formazione e non tutti i formati accedono poi alla professione. Quindi i medici mancano già oggi e ne mancheranno ancora di più, la situazione nei prossimi 4-5 anni sarà drammatica soprattutto nelle aree a maggiore dispersione di popolazione.
Ci sarà un divario tra Nord e Sud del Paese?
Il divario riguarda le tempistiche in cui la carenza sarà più grave, in alcune regioni come il Veneto e la Lombardia la situazione è già drammatica, in Piemonte e nelle altre regioni de Nord iniziano a segnalarsi le prime criticità, ogni anno che passa la crisi riguarderà anche le regioni del centro e infine quelle del Sud, dove al momento c’è ancora una piccola riserva di medici in attesa da cui attingere.
La condizione in cui verte oggi la medicina del territorio era prevedibile?
Era prevista da almeno 20 anni, non è difficile calcolare l’anno in cui i medici andranno in pensione e il picco era atteso per il 2022. Non c’è stato di pari passo un picco di borse di studio per i nuovi ingressi e adesso siamo in ritardo perché anche intervenendo si devono attendere i tempi necessari a completate la formazione.
Rispetto alla media europea come si colloca il nostro sistema?
Il problema della carenza di medici è un problema per la maggior parte dei paesi europei, ma riguarda soprattutto gli specialisti degli ospedali pubblici.
In Italia invece il problema si sta manifestando in maniera drammatica per i medici di famiglia, nonostante il rapporto tra il numero di tutti i medici e la popolazione sia più alto della media degli altri paesi: significa che si è investito molto sugli ospedali e non si è programmata sufficientemente l’assistenza territoriale, creando un ampio divario di risorse umane.
A suo giudizio, qual è stata la causa?
In Italia il SSN è notoriamente ospedale centrico e gli investimenti sono palesemente sproporzionati, per motivi che con la salute delle persone non c’entrano nulla. Inoltre, siamo in un Paese che non programma quasi mai a lungo termine, mai oltre il termine di un mandato elettivo. Tuttavia, non aver saputo leggere gli eclatanti dati previsionali noti da anni è talmente incredibile che non posso escludere che qualcuno non abbia progettato scientemente un ridimensionamento della medicina generale.
Qual sarà lo scenario per il futuro? Quali saranno le conseguenze per i pazienti?
In assenza di contromisure le aree più periferiche del Paese, nelle quali vive quasi la metà della popolazione, potranno soffrire di una reale carenza assistenziale, di tempi di attesa lunghissimi per accedere a medici “tampone” probabilmente non formati per la medicina generale o formati fuori Europa, oppure saranno invitati a consultare un infermiere o un sistema di intelligenza artificiale che stabiliscano chi ha urgenza e chi no. In questo contesto il rapporto di cura nel tempo, la gestione delle cronicità e i progetti di prevenzione di fatto per queste persone si interromperanno per anni.
Quali sono le misure da mettere in atto per risolvere la carenza di organico?
Per risolvere la carenza di organico occorre oggi fare in modo che tutta l’offerta formativa disponibile venga sfruttata, che i medici acquisiscano tutti almeno 1000 pazienti già durante la formazione e che nessuno lasci questo mestiere in anticipo. Per far questo occorre aumentare l’attrattività della professione investendo in risorse che consentano prima di tutto a tutti i medici di lavorare in contesti di team e con il supporto di personale di studio che li sgravi da attività amministrative e infermieristiche. Inoltre, il maggior investimento in borse di studio previsto dal PNRR dovrà persistere anche oltre i 3 anni che il finanziamento europeo oggi garantisce.
Quali sono le proposte di Fimmg?
Oltre a quanto già indicato proponiamo di aumentare l’attrattività della formazione attraverso una riforma del corso, inserendolo nel mondo accademico fin dalla formazione pre-laurea; inoltre aumentare la soddisfazione lavorativa consentendo ai medici e al loro staff di effettuare diagnostica di primo livello negli studi. Nel frattempo sono in atto alcune misure tampone come la possibilità di pensionamento a 72 anni, per chi vuole; vanno infine sviluppati ed estesi progetti di staffetta generazionale come quello previsto in collaborazione con l’ENPAM ovvero l’APP, che consente al medico giovane di affiancare il medico pensionando in ottica formativa da un lato e di supporto reciproco dall’altro.
Fonte: Health Online